Al riciclo di lavatrici, frigoriferi e televisori “mancano” 600mila tonnellate

Potremmo chiamarle prove di economia circolare — scrive Il Corriere della Sera — Tentativi ancora embrionali per realizzare una filiera efficiente per il trattamento di prodotti informatici ed elettrodomestici, ormai obsoleti, di varia dimensione e natura. Semmai — ed è lo spaccato che emerge dai numeri che provengono da un consorzio di produttori come Ecodom — è (ancora) vitale un’economia parallela che si approvvigiona di una parte di questi rifiuti e li smaltisce senza aver particolare rispetto dell’ambiente. «Sfruttando i mille rivoli del processo di trattamento dei Raee» (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), segnala Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom, uno dei maggiori sistemi collettivi di smaltimento a cui sono associati aziende come Whirlpool, Ariston Thermo, Bosch, Candy. L’Italia smaltisce ogni anno circa 290 mila tonnellate di questi rifiuti, 4,2 chili per abitante. Un numero non troppo lusinghiero se paragonato alle best practice Svezia, Svizzera e Norvegia che veleggiano oltre gli otto chili per abitante, ma anche lontano dai volumi pro-capite di Francia e Germania. «Un esempio classico è ciò che avviene per i frigoriferi — racconta Arienti —. Pochi sanno che una corretta gestione del rifiuto preveda lo smaltimento corretto del gas contenuto sia nei suoi circuiti refrigeranti, sia nelle schiume isolanti». Estrarre il clorofluoro senza che si disperda nell’atmosfera è necessario perché questo gas ha un potere «ozono adesivo» elevatissimo. Per ogni frigorifero c’è una quantità pari all’anidride carbonica prodotta dai gas di scarico di un’automobile per 15mila chilometri. Nonostante il cittadino si adoperi per smaltirlo nelle cosiddette «isole ecologiche» — ubicate nelle periferie delle città — ciò non rappresenta l’assicurazione di un trattamento a norma di legge. Non di rado succede che chi lavora in questo settore, attratto da guadagni superiori, proceda a strappare il compressore del frigorifero e vendendo ad alcune società pezzi di alluminio, ferro e rame sul mercato secondario. «Spesso sfugge anche alle municipalizzate come Ama, Amsa ed Hera — spiega Arienti — l’effettivo percorso di un elettrodomestico». Ci sono una serie di riciclatori, provvisti soltanto dell’autorizzazione al trattamento dei Raee, che s’infilano nelle pieghe della normativa per prendersi in carico dei rifiuti in maniera approssimativa. Quasi nessuno dichiara effettivamente la quantità di rifiuti gestita. I centri di coordinamento Raee, composti dai consorzi di produttori, vengono spesso scavalcati perché i controlli sono quasi inesistenti e le sanzioni assolutamente discrezionali. «Una buona parte di questi rifiuti — denuncia Arienti — finiscono per essere caricati sui tir e trasportati in Paesi del terzo mondo come se fossero elettrodomestici usati e non invece più funzionali». Eppure c’è un’interessante novità che dovrebbe aiutare anche i consumatori ad essere più consapevoli. É da qualche mese in vigore una norma che consente a chiunque di smaltire gratuitamente prodotti informatici fino a 25 centimetri di lunghezza nei negozi di largo consumo di almeno 1.400 metri quadri. Mediaworld, Euronics, Trony. Hanno l’obbligo di ritirarli senza chiedere un acquisto in cambio.

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